Perché produciamo
tanti rifiuti?

I prodotti che utilizziamo ogni giorno durano sempre meno, le risorse naturali stanno diminuendo e il mercato attuale continua a richiedere la produzione di nuovi prodotti. Per comprendere le dinamiche di quanto sta accadendo, diventa dunque necessario introdurre e chiarire il concetto di obsolescenza programmata e i motivi che l’hanno resa apparentemente necessaria.

La società in cui viviamo ci ha educato a consumare ogni giorno di più, continuando ad acquistare nuovi oggetti e gettando quelli vecchi perché rotti o fuori moda o in quanto superati da nuove tecnologie.

Le origini di tutto ciò si possono far risalire agli inizi del secolo scorso quando le aziende si accorsero che l’eccessiva durata dei loro prodotti avrebbe comportato una diminuzione delle vendite, causando una crisi economica globale.

Il sistema economico poggia le basi su una continua crescita economica, fu quindi necessario trovare un modo per far ripartire le vendite. La soluzione fu di inserire nel mercato prodotti progettati affinché venissero sostituiti in breve tempo. Nacque così l’obsolescenza.

Le aziende chiesero ai propri ingegneri di ridurre la qualità, e di conseguenza la durata di vita, dei propri prodotti. Gli esempi più ecclatanti sono le lampadine a filamento la cui vita venne limitata a una durata di 1.000 ore e le calze collant da donna prodotte da Dupont, il cui tessuto fu indebolito per ridurne la resistenza.

Fu inoltre proprio in questo periodo che i primi prodotti usa e getta fecero la loro comparsa sul mercato. Attraverso questo sistema si poté far ripartire la produzione, permettendo al mercato di riemergere dalla crisi.

SI POSSONO DISTINGUERE TRE TIPI DI OBSOLESCENZA:

1. OBSOLESCENZA TECNICA

L’obsolescenza tecnica è data dall'avanzamento tecnologico e dalle continue innovazioni scientifiche che portano determinati prodotti a divenire superati.

Con obsolescenza tecnica ci si riferisce al superamento di prodotti o servizi dato dall’avanzamento scientifico e tecnologico. Alcuni esempi sono le locomotive a vapore che resero obsolete le antiche diligenze, le macchine da cucire a pedale che portarono al disuso di quelle a manovella o ancora le televisioni a tubo catodico che vennero sostituite da quelle a schermo piatto. Al giorno d’oggi il fenomeno si è poi amplificato maggiormente grazie al boom economico e allo sviluppo tecnologico, rendendo vecchi i prodotti usciti da soli pochi mesi. Se quindi un tempo questo tipo di obsolescenza non veniva percepita affatto, nella società moderna si è costretti a porre particolare attenzione all’acquisto di un prodotto per un suo ipotetico superamento futuro dato dall’uscita di beni sempre migliori.

2. Obsolescenza psicologica

Attraverso l’obsolescenza psicologica, basata su strategie di marketing e pubblicità, si crea all’interno del consumatore un continuo desiderio di comprare e consumare prodotti presentati come nuovi e allettanti.

Il secondo tipo di obsolescenza è quella definita psicologica (o percepita); con questo termine si vuole sottolineare la suggestionabilità dei clienti dalla moda, dalla pubblicità e, più in generale, da tutto il mondo della comunicazione. Si tratta infatti di un tipo di obsolescenza non dovuta dal superamento tecnologico dei prodotti, ma puramente legato alle tendenze del momento. Le uniche differenze con i nuovi prodotti usciti sono quindi presentazione, aspetto, packaging e design. Tra questi un esempio chiarificatore lo ritroviamo nel mercato delle scarpe; nonostante un paio di calzature possa rimanere in buono stato per più anni, il variare delle mode spinge i consumatori ad acquistare ogni anno tipi di scarpe diverse in base alla moda corrente. Un altro esempio possono essere gli smartphone, in particolare l’iPhone, che all’uscita del nuovo modello invoglia i clienti all’acquisto, nonostante il modello precedente sia ancora perfettamente funzionante.

3. Obsolescenza programmata

L’obsolescenza programmata consiste, in fase di progettazione di un prodotto, nell’inserimento di una componente studiata affinchè abbia una durata di vita limitata.

Il terzo e l’ultimo tipo di obsolescenza è infine quella programmata (o pianificata); tra tutte questa può essere considerata la meno etica poiché sono i prodotti stessi ad essere volutamente realizzati con un ciclo di vita prestabilito. Per fare ciò vengono quindi utilizzati vari espedienti: può trattarsi di materiali non ideali, talvolta scadenti o poco resistenti; componenti progettati per non funzionare più dopo un determinato lasso di tempo, solitamente superiore alla garanzia; o ancora chip ad hoc che dopo un periodo stabilito intervengono per impedire il corretto funzionamento del prodotto. Un paio di esempi appartenenti a questa tipologia possono essere le lavastoviglie, che vengono costruite con parti in plastica, destinate a durare solo pochi anni; oppure le stampanti in cui vengono inseriti chip studiati per bloccare la funzionalità del prodotto dopo un determinato numero di utilizzi. Sfortunatamente per i consumatori questo tipo di obsolescenza è applicabile praticamente a tutte le fasce di mercato e a qualsiasi tipo di prodotto.

Se tutto ciò ha permesso di risolvere
il problema delle vendite, ora bisogna domandarsi:

Quali sono le conseguenze sul nostro pianeta?

41,8 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici

Ogni anno vengono prodotti miliardi di rifiuti di apparecchiature elettroniche ed elettriche. Solo nel 2014 ne sono stati prodotti 41,8 milioni di tonnellate a livello globale. Si stima che ogni giorno vengano gettati 416 mila smartphone e 142 mila computer e che solamente il 15-20% di questi rifiuti venga riciclato attraverso canali autorizzati, mentre il restante finisce nelle discariche abusive nei paesi del terzo mondo.

Lo smartphone è uno dei prodotti più soggetti a obsolescenza, avendo una durata di vita media di soli 18 mesi. A causa di ciò, dal 2007 a oggi ne sono stati prodotti oltre 7,1 miliardi. Il quantitativo di energia necessario per produrre una tale quantità potrebbe coprire il fabbisogno energetico annuo per l’intera India.

Le apparecchiature elettroniche sono composte da metalli preziosi come l’oro, il rame e il tungsteno. L’incessante produzione sta rendendo difficile riuscire a reperire questi materiali in grande quantità, creando tensioni nei paesi in cui vengono estratti. Molti provengono dal Congo dove hanno ottenuto il nome di “Minerali di conflitto”, poiché le miniere da cui vengono estratti sono in mano a gruppi criminali che, attraverso i ricavi, finanziano i propri armamenti, nutrendo la guerra civile in atto nel paese. Si contano a oggi più di 5 milioni di vittime e i minatori stessi vengono poi schiavizzati e arruolati con la forza.

I minerali estratti vengono contrabbandati negli stati vicini come il Ruanda e l’Uganda, da dove vengono poi rivenduti alle fabbriche del sud-est asiatico che producono apparecchiature elettroniche.

La maggior parte dei rifiuti elettronici, al posto di finire nei centri di smaltimento autorizzati, raggiunge le discariche abusive di paesi come Ghana, Nigeria e Cina. Nelle discariche si riuniscono persone, molto spesso bambini e ragazzini, con il compito di recuperare i materiali preziosi. Una volta finito i rifiuti vengono bruciati. La combustione sprigiona sostanze altamente nocive come piombo e mercurio, che si presentano sotto forma di un fumo nero e denso, pericoloso portatore di tumori.

Per il 2018 si ipotizza che la produzione di rifiuti elettronici raggiungerà i 49,8 milioni di tonnellate e si stima che la percentuale di RAEE cresca ogni anno dell’8%.

Il consumismo dettato dall’obsolescenza sta quindi portando all’esaurimento delle risorse naturali utilizzate nella produzione di nuovi dispositivi, rendendo necessario recuperare tali componenti dai rifiuti elettronici gettati. L’esportazione di moli così ingenti di RAEE sta inevitabilmente intossicando intere popolazioni, costrette a vivere e lavorare nelle discariche, in situazioni di degrado elevato, con il solo scopo di sopravvivere. Smaltimento e produzione concorrono inoltre all’inquinamento globale, arrivato secondo le associazioni ambientali già a livelli allarmanti. Nonostante in occidente non si avvertano ancora le conseguenze che il sistema sta causando, il problema rimane preoccupante e vede la necessità di trovare una soluzione quanto prima possibile.

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